PAGHJIER Altra costruzione tipica della zona di San Michele Salentino (Brindisi), (più in passato, sino a 30 o 40 anni fa se ne trovavano a centinaia ) che va ormai scomparendo sono i “PAGHJIER“, costruzione sicuramente di origine messapica (in questa zona e nei paesi limitrofi, anticamente viveva il popolo dei MESSAPI, popolo si dice proveniente dall’isola di CRETA, i quali avevano colonizzato quasi tutta la Puglia, assumendo nomi diversi secondo l’area in cui si erano stabiliti, non si sa di preciso il significato della parola messapici, forse popolo che abita tra i due mari o popolo che abita nella penisola). Si tratta di una costruzione ibrida, pietre, legname e paglia. Veniva prima costruito un muro con pietre (pietra del luogo, pietra calcarea, la quale appena tagliata a la caratteristica di essere bianchissima e molto tenera, col tempo sottoposta agli agenti atmosferici tende ad indurirsi e si ricopre di microscopici muschi e licheni che le danno la caratteristica colorazione grigia, ma il maggior pregio di questa pietra sta nel fatto che di giorno assorbe il calore mentre la notte lo rilascia assorbendo nel contempo umidità dall’aria, da questa stessa pietra dopo lunga cottura si ricava la calce viva), a secco di forma ovaloide un po’ allungata (in alcuni rari casi anche rettangolari), per un’altezza di circa un metro e mezzo o poco più, largo alle volte anche più di un metro, su uno dei lati più corti veniva lasciata un’apertura che fungeva da porta di accesso, (nella maggior parte dei casi rivolta verso sud), in rari casi veniva fatto anche un architrave in pietra, non esistevano finestre, (se ne ricavavano dei locali larghi dai 3 ai 5 metri per una lunghezza tra i 4 e i 6 metri). Sulla sommità del muro venivano piazzati dei pali di altezza variabile dai 3 ai dieci metri, le punte andavano a congiungersi in alto e incrociati con altri pali messi in orizzontale, a formare una sorta di triangolo, i pali venivano legati e fermati (sulla cima) tra loro con un abile lavoro di incastro o con delle corde, lo spazio laterale rimanente tra un palo e l’altro veniva riempito con rami o canne intrecciate, sopra questa intelaiatura venivano posizionate delle stoppie (in dialetto “ristucc”, sarebbe la parte che rimaneva attaccata al terreno dopo aver mietuto il grano, si estirpava a mano e si sbatteva per far cadere la terra) fino a coprire tutta l’intelaiatura, dalla sommità del muro sino alla cima, era un lavoro fatto bene (occorrevano diverse persone e diversi giorni di lavoro) in quanto riusciva riparare molto bene sia dalla pioggia che dalla calura estiva ed in buona parte anche dal freddo invernale. Di solito venivano costruiti sul fianco dei trulli e servivano in maggioranza per il ricovero di animali, conservare paglia o fieno, tenere al riparo gli attrezzi agricoli e carri. Vi sono stati anche casi (specialmente durante l’ultimo conflitto mondiale quando la gente si allontanava dagli agglomerati urbani per la paura di eventuali bombardamenti) in cui persone meno ambienti vi hanno vissuto dentro in particolar modo nel periodo estivo, in tal caso all’interno del paghjier si poteva trovare un focolare in pietra che serviva nei periodi invernali sia per cucinare il cibo che per riscaldarsi, mentre invece nei periodi caldi si preferiva usare un focolare all’aperto (sia per evitare il caldo che ristagnava nell’ambiente che per evitare i facili rischi di incendio.
Sono ormai quasi completamente scomparsi (dovuto anche allo spopolamento delle campagne), in quanto al massimo ogni due o tre anni bisognava ricambiare tutta la copertura in paglia (tendeva facilmente ad imputridire e durante la pioggia veniva dilavata creando delle aperture in cui l’acqua si infiltrava facilmente), mentre l’intelaiatura in legno poteva reggere al massimo 10 o 15 anni dopo di che andava tutta rifatta.
Perciò se vi capita di vedere specialmente vicino ai trulli (o anche isolato) un muro tondo, ovalizzante o rettangolare in pietra a secco, alto meno di un paio di metri, sicuramente quello doveva essere un paghjier.