sabato 20 dicembre 2008

Fichi mandorlati

I FICHI MANDORLATI

 

  I fichi, c’è stata una violenta diatriba e tanto fumo senza arrosto tra l’attuale amministrazione di centro-destra e l’opposizione di sinistra (arrivando addirittura allo scontro politico), riguardo ai fichi, sul tema, se bisognava chiamarli come è giusto, al singolare fico o fica, il fatto è che per fico si intende l’albero, mentre il frutto si chiama giustamente fica (si lo so a qualcuno potrebbe sembrare un po’ volgare, ma la dizione giusta è “fica”), all’ora l’amministrazione per evitare strumentalizzazioni, cambio il nome della festa in onore di questo succulento e dolce frutto da “festa della fica mandorlata” in “festa del fico mandorlato”, sbagliando secondo me la dizione, bastava mettere "Festa dei fichi mandorlati" e si tagliava la testa al toro. Allora dicevamo la fica mandorlata, è un’antichissima tradizione locale di cui se ne  sconosce l’origine, forse e arrivata nella penisola con gli stessi Messapi (gli antenati del popolo salentino), quanto lavoro, tempo e tribolazioni per ottenere qualcosa che in molti hanno definito un dolce a se ed una delizia per il palato, qualcosa con cui il cioccolato non regge il confronto ne per dolcezza ne per aroma. Chi non li a mai mangiati non può giudicare. Vi racconto quanto ricordo da ragazzino (quasi 50 anni fa) quando vedevo e aiutavo i miei nonni a preparare questi succulenti frutti, nel periodo in cui si raccoglievano i fichi dalle piante (periodo estivo) si dormiva in campagna nel trullo, ci alzavamo all’alba ci armavamo di panieri (una specie di cesto con il manico) e di un arnese chiamato in dialetto “cuerch” (era fatto da un ramo a forcella da cui veniva tagliato a circa 10-15 dall’attaccatura uno dei due rami, rimaneva una specie di gancio, serviva per abbassare i rami più alti), si raccoglievano dalle piante i fichi più grossi e maturi, quando la quantità raggiunta sembrava sufficiente, i grandi,  si armavano di un coltello molto tagliente e aprivano i fichi (dalla parte di sotto) senza far staccare le due parti (insomma, le due parti rimanevanno attaccati dal picciolo, la parte con cui il frutto è attacato al ramo), man mano che venivano aperti li passavano a noi ragazzini che li sistemavamo in ordine sulla “scjaia” (era una specie di tavoliere o se vogliamo tipo zattera fatta di canne seccate, ripulite e tenute assieme da del filo di ferro zincato), una volta che la “scjaia”  era piena, si metteva al sole per permettere ai fichi di seccare, rimanevano cosi per diversi giorni avendo cura di rigirare spesso le fiche una per una perche seccassero in modo uniforme, la notte o di giorno se minacciava pioggia bisognava accatastare le “scjaie” e coprirle perche non prendessero umidità o acqua altrimenti si poteva rovinare il prodotto. Una volta che i fichi erano seccati a dovere, si passava a farcirli, si metteva in ogni metà della fica il frutto di una mandorla (i frutti delle mandorle venivano precedentemente tostate al forno) e alcuni semi di finocchio selvatico o un pezzettino di buccia di limone o entrambi a seconda dei gusti, dopo veniva coperta con un’altra fica aperta e schiacciate leggermente per fare aderire le due parti, man mano che venivano finite, le fiche venivano sistemate in delle grosse teglie di lamiera dalla forma rettangolare, finito tutto questo lavoro, le teglie venivano messe nel forno a legna che si trovava a fianco del trullo (dopo aver cotto il pane, questa non lo mai capita, perche dopo il pane, forse l’aroma del pane che rimaneva nel forno si combinava con le fiche o perche il forno non fosse troppo caldo, boh), si chiudeva il forno col suo coperchio e si lasciavano (bisognava girarle ogni due o tre ore) li sino alla mattina dopo. Al mattino si apriva il forno (si sprigionava un odore inconfondibile che si sentiva per centinaia e centinaia di metri) si aspettava che i fichi si raffreddassero un poco e venivano sistemati in recipienti di vetro o catini in terracotta smaltati che poi venivano ben chiusi. Quelli erano i nostri dolci preferiti. Ne ho mangiato a quintali. Per la verità era una tradizione leggermente caduta in disuso anche per il troppo lavoro dovuto alla preparazione, ma da alcuni anni anche grazie all’interessamento dell’ammistrazione comunale, se ne è incentivata la produzione e la commercializzazione anche fuori dal territorio comunale. Perciò gente assaggiate almeno una volta nella vita i FICHI MANDORLATI, non sapete cosa vi perdete, provare per credere. Pero attenti, occhio al diabete, sono una bomba calorica. 

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http://carolemico.myblog.it/archive/2010/08/25/fiera-fico-mandorlato-2010.html

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