S. MICHELE SALENTINO
Non e bello quello che è bello, ma è bello quello che piace, e a me il mio paese piace tanto.
San Michele, in definitiva, uno dei pochi paesi in cui si può ancora vivere.
San Michele Salentino, si trova ad un’altitudine di circa m.153 sul livello del mare. Superficie Kmq. 26,16. Popolazione 6.500 circa. E’ collegato con il capoluogo di provincia (da cui dista Km. 27) e gli altri comuni limitrofi con un comodo servizio di autocorriere. E’ un piccolo centro abitato adagiato nella campagna, alle pendici delle murge pugliesi, come dice il suo steso nome è uno dei tanti paesi della penisola salentina. Fino al 1929 frazione di San Vito dei Normanni, da cui dista circa Km 7. A dispetto della sua origine recente, il territorio risulta abitato già in epoca preistorica. E’ stata accertata la presenza dell’uomo di Neanderthal (paleolitico medio. 185.000-35.000 a.C.) presso una grotta (grotta Angelluzzi o grotta Lacedduzza, come si dice in lingua locale) a circa 2 km dal paese sita in contrada Augelluzzi, e nelle vicinanze della omonima masseria, sono stai rinvenuti resti di un villaggio capannicolo dell’ età del bronzo (tra il IX e il VII secolo a. C.) e diversi manufatti di varie epoche, gli scavi sono ancora in corso e gli oggetti rinvenuti in via di catalogazione. In questa zona e nei paesi limitrofi, anticamente viveva il popolo dei MESSAPICI, popolo si dice proveniente dall’isola di CRETA. Le origini di San Michele S. invece risalgono al 1700 circa data di costruzione della masseria denominata S. Michele. Nel 1839, il principe Michele Dentice di Frasso, signore di S. Vito, e proprietario della masseria S. Michele, volle trasformare in villaggio agricolo la predetta masseria (denominata Masseria nuova) costituita da poche rustiche case sufficienti per poche famiglie di coloni, dai ricoveri per gli animali, in mezzo ad una fitta boscaglia. Per raggiungere lo scopo, assegno in enfiteusi la zona diboscata a tutti coloro che avessero voluto trasferirvisi. Primi ad accorrervi furono i braccianti agricoli dei paesi limitrofi specialmente di Ceglie Messapica e di San Vito dei Normanni. Con la maggioranza di persone proveniente da Ceglie, da cui l'attuale dialetto di San Michele Salentino che deriva appunto da quello cegliese, con qualche leggera modifica. Dopo appena 50 anni si contavano 3.500 abitanti. Con il censimento del 1931, che fu il 1° censimento comunale di S Michele Salentino, quella popolazione assommava a 4.282 unità. Nel momento in cui veniva elevata a Comune « Masseria nuova », per decisione unanime della popolazione, memore della saggezza e generosità del principe Michele, assunse il nome di San Michele Salentino. L’economia locale ha come componente principale l’agricoltura e componenti secondarie piccole industrie allo stadio artigianale, ultimamente forte apporto all’economia e dato dal commercio delle autovetture usate (con oltre 40 auto rivenditori ed un numero imprecisato di bisarche, per il trasporto delle auto). Il patrono della città, S. Michele Arcangelo, viene festeggiato annualmente con luminarie, fuochi d’artificio e concerti Bandistici, nel mese di Agosto. Nell'ampia piazza (restaurata ed abbellita ultimamente) eleva la sua mole la moderna e bella Chiesa parrocchiale, mentre poco distante nella piazza vecchia (in via di restauro) si può ammirare la chiesa ottocentesca (completamente in pietra, restaurata di recente). A circa un chilometro si può visitare il borgo medievale di Ajeni (copletamente restaurato di recente). Lontano dall’abitato interessanti sono la cripta medioevale di San Giacomo, una torre e una « specchia ». Sparsi per le campagne vi sono una infinità di resti di tutte le epoche (pochissimi sono catalogati), sottoposti alle incurie della gente e alle inclemenze del tempo, la maggior parte di queste si trovano su terreni privati i cui proprietari ne dispongono a loro piacere, distruggendo in tal modo reperti insostituibili e di incalcolabile valore. Si narra poi, che nella zona esistevano anticamente due grandi città, distrutte forse da una guerra o da un terremoto, in effetti nelle zone indicate, fino a qualche anno fa si trovavano diversi ruderi, decine e decine di cisterne (che si trovavano cosi nei posti più inpensati, senza che vicino vi sia una casa), parecchie grotte (non naturali) camminamenti sotterranei (da ragazzo ne ho visitato parecchi, in uno di questi nel 62-63, io e altri ragazzini, trovammo un grosso vaso di terracotta, rotto, vicino a del terreno mosso di fresco, in tale terriccio trovammo alcune monete di bronzo della dimensione di una 50 centesimi di oggi (sicuramente chi aveva trovato e rotto il vaso aveva trovato altro di valore, altrimenti non avrebbe lasciato quelle monete), le dividemmo una a testa, la mia presentava i bordi un pò difformi, da quel che si riusciva a vedere, era molto ossidata, su un lato aveva l'effige di un animale forse un toro, mentre sull'altro la testa di profilo di una persona con qualcosa in testa, forse una corona, presentava delle scritte strane quello che mi rimase impresa erano alcune lettere che sembravano delle " E " rovesciate (da ricerche effettuate tale lettera si trovava negli alfabeti greco, fenicio, etrusco ed altri), la tenni come porta fortuna per diverso tempo, un giorno non la trovai più, rubata o persa, peccato), tali ruderi, vuoi per costruirci una strada, una casa o bonifiche del terreno sono stati (con noncuranza e leggerezza) sistematicamente distrutti (e continuano ad esserlo). Si diceva in quella zona, di gente che lavorando per costruire una casa o scavare una cisterna (deposito per l’acqua piovana) o addirittura per mettere a dimora una pianta, abbia fatto la sua fortuna imbattendosi in ritrovamenti ed anche qualche tomba da cui emergevano oggetti di tutti i generi anche oggetti preziosi (io stesso da ragazzino ho visto scambiare delle statuette in bronzo di bellissima fattura, con bacinelle, secchi e altri oggetti di poco valore utili per la casa. Che fine avranno fatto quelle meravigliose statuette?, forse sono state fuse per recuperarne il metallo). Sino all'inizio degli anni 60 del secolo scorso, nella zona di San Giacomo, (zona in cui si racconta esistesse una delle due città su citate) funzionava ancora una "calcara" artigianale, (mio nonno diceva che lui era bambino e quella "calcara" gia esisteva) in cui veniva cotta la pietra calcarea per farne della calce viva. Le pietre usate venivano raccolte per tutti i terreni circostanti, pensate a quanti reperti storici e preistorici, resti di muri case e qualsiasi altra costruzione in pietra, possano essere stati distrutti per farne calce. D'altronde, vi era e vi è tutt'ora la mentalità che delle pietre all'interno di un terreno agricolo, se non servivano per farne qualche costruzione o dei muri a secco, occupavano spazio inutile è davano fastidio, pertanto era meglio disfarsene e recuperare lo spazio occupato da quelle pietre o tufi che fossero, se poi si poteva ricavarne qualche guadagno tanto meglio. Ironia della sorte oggi e scomparsa anche la "calcara" e le pietre con cui era costruita?, mah chissà?, forse saranno diventati un muro a secco o la pavimentazione di qualche strada.
Nessun commento:
Posta un commento