San Michele Salentino, frazione Aieni, presepio vivente Natale 2008.
di tutto un po, un po di tutto
Questo articolo è stato tratto dal sito http://www.disinformazione.it/. Mentre leggevo mi è venuto il mal di stomaco, pensando a tutto quello che ho mangiato questi giorni. Certo che se solo la decima parte di quello che dice e vero poveri noi.
I rischi nel mangiare carne
“Io non mangerò mai più carne finché il mondo esiste”. I Cor. 8:13.
"L'estrema avversione che alcuni adulti e molti bambini mostrano nei confronti della carne di ogni tipo, è attribuita da Fitch ad una tendenza atavica, cioè al
Per continuare a leggere clicca qui> I rischi nel mangiare carne.doc
Per ingrandire le immaggini, tenere premuto sulla tastiera ctrl e far scorrere la rotella del mouse.
Per i studenti bocciati, ho trovato la soluzione come possono giustificarsi, leggete tutto.
Se non avete passato gli esami ecco il motivo!!
Tipico anno per uno studente.
1) DOMENICHE. Ci sono 52 domeniche in un anno,
sapete bene che la domenica si riposa...
365-52=313 giorni rimanenti.
2) VACANZE ESTIVE. Per circa 75 giorni fa veramente
molto caldo e studiare è difficile.
313-75=238 giorni rimanenti.
3) DORMIRE. 8 ore al giorno di sonno, fanno
365 x 8 / 24 = 120 giorni circa.
238-120=118 giorni rimanenti.
4) SPORT. 1 ora al giorno per praticare sport fa
bene alla salute!
365 x 1 / 24 = 16 giorni circa.
118-16=102 giorni rimanenti.
5) MANGIARE. 2 ore al giorno per
mangiare-masticando per bene!
(365 x 2) / 24 = 31 giorni circa.
102-31=71 giorni rimanenti.
6) RELAZIONI. 1 ora per le chiacchiere-l'uomo è
un animale socievole!
(365 x 1) / 24 = 16 giorni circa.
71-16=55 giorni rimanenti.
7) ESAMI. Ogni anno ci sono almeno 30 giorni in
cui si danno esami-non si studia!
55-30= 25 giorni rimanenti.
8) MALANNI. Una persona normale passa circa 10
giorni all'anno in cui non si sta molto bene.
25-10=15 giorni rimanenti.
9) FESTIVITA'. Pasqua, Pasquetta, Pentecoste,
Ferragosto 1° Maggio, Liberazione, Repubblica,
Natale, S.Stefano,S.Silvestro, Capodanno, Immacolata,
Ognissanti.
Totale 13. 15-13=2.
10) ONOMASTICO. Non vorrai studiare il giorno del
Tuo onomastico!!!
2-1=1.
..quel giorno è quello del tuo compleanno: 'Come
puoi anche solo pensare di studiare quel giorno!!!'
Bilancio definitivo: 0 giorni rimanenti.
Se hai passato l´esame: complimenti, deve essere stata
davvero dura!!!
Se non hai passato l´esame: non ti preoccupare, è normale!!!
Questo pezzo e stato tratto dal sito http://www.bastardidentro.it/
I fichi, c’è stata una violenta diatriba e tanto fumo senza arrosto tra l’attuale amministrazione di centro-destra e l’opposizione di sinistra (arrivando addirittura allo scontro politico), riguardo ai fichi, sul tema, se bisognava chiamarli come è giusto, al singolare fico o fica, il fatto è che per fico si intende l’albero, mentre il frutto si chiama giustamente fica (si lo so a qualcuno potrebbe sembrare un po’ volgare, ma la dizione giusta è “fica”), all’ora l’amministrazione per evitare strumentalizzazioni, cambio il nome della festa in onore di questo succulento e dolce frutto da “festa della fica mandorlata” in “festa del fico mandorlato”, sbagliando secondo me la dizione, bastava mettere "Festa dei fichi mandorlati" e si tagliava la testa al toro. Allora dicevamo la fica mandorlata, è un’antichissima tradizione locale di cui se ne sconosce l’origine, forse e arrivata nella penisola con gli stessi Messapi (gli antenati del popolo salentino), quanto lavoro, tempo e tribolazioni per ottenere qualcosa che in molti hanno definito un dolce a se ed una delizia per il palato, qualcosa con cui il cioccolato non regge il confronto ne per dolcezza ne per aroma. Chi non li a mai mangiati non può giudicare. Vi racconto quanto ricordo da ragazzino (quasi 50 anni fa) quando vedevo e aiutavo i miei nonni a preparare questi succulenti frutti, nel periodo in cui si raccoglievano i fichi dalle piante (periodo estivo) si dormiva in campagna nel trullo, ci alzavamo all’alba ci armavamo di panieri (una specie di cesto con il manico) e di un arnese chiamato in dialetto “cuerch” (era fatto da un ramo a forcella da cui veniva tagliato a circa 10-15 dall’attaccatura uno dei due rami, rimaneva una specie di gancio, serviva per abbassare i rami più alti), si raccoglievano dalle piante i fichi più grossi e maturi, quando la quantità raggiunta sembrava sufficiente, i grandi, si armavano di un coltello molto tagliente e aprivano i fichi (dalla parte di sotto) senza far staccare le due parti (insomma, le due parti rimanevanno attaccati dal picciolo, la parte con cui il frutto è attacato al ramo), man mano che venivano aperti li passavano a noi ragazzini che li sistemavamo in ordine sulla “scjaia” (era una specie di tavoliere o se vogliamo tipo zattera fatta di canne seccate, ripulite e tenute assieme da del filo di ferro zincato), una volta che la “scjaia” era piena, si metteva al sole per permettere ai fichi di seccare, rimanevano cosi per diversi giorni avendo cura di rigirare spesso le fiche una per una perche seccassero in modo uniforme, la notte o di giorno se minacciava pioggia bisognava accatastare le “scjaie” e coprirle perche non prendessero umidità o acqua altrimenti si poteva rovinare il prodotto. Una volta che i fichi erano seccati a dovere, si passava a farcirli, si metteva in ogni metà della fica il frutto di una mandorla (i frutti delle mandorle venivano precedentemente tostate al forno) e alcuni semi di finocchio selvatico o un pezzettino di buccia di limone o entrambi a seconda dei gusti, dopo veniva coperta con un’altra fica aperta e schiacciate leggermente per fare aderire le due parti, man mano che venivano finite, le fiche venivano sistemate in delle grosse teglie di lamiera dalla forma rettangolare, finito tutto questo lavoro, le teglie venivano messe nel forno a legna che si trovava a fianco del trullo (dopo aver cotto il pane, questa non lo mai capita, perche dopo il pane, forse l’aroma del pane che rimaneva nel forno si combinava con le fiche o perche il forno non fosse troppo caldo, boh), si chiudeva il forno col suo coperchio e si lasciavano (bisognava girarle ogni due o tre ore) li sino alla mattina dopo. Al mattino si apriva il forno (si sprigionava un odore inconfondibile che si sentiva per centinaia e centinaia di metri) si aspettava che i fichi si raffreddassero un poco e venivano sistemati in recipienti di vetro o catini in terracotta smaltati che poi venivano ben chiusi. Quelli erano i nostri dolci preferiti. Ne ho mangiato a quintali. Per la verità era una tradizione leggermente caduta in disuso anche per il troppo lavoro dovuto alla preparazione, ma da alcuni anni anche grazie all’interessamento dell’ammistrazione comunale, se ne è incentivata la produzione e la commercializzazione anche fuori dal territorio comunale. Perciò gente assaggiate almeno una volta nella vita i FICHI MANDORLATI, non sapete cosa vi perdete, provare per credere. Pero attenti, occhio al diabete, sono una bomba calorica.
Vedi anche questo post
http://carolemico.myblog.it/archive/2010/08/25/fiera-fico-mandorlato-2010.html
di Anna Mannucci 4 dicembre 2007
Questo articolo e tratto dal sito http://www.focus.it/, il sito ufficiale della rivista Focus.
La Banca della Memoria è un progetto nato dall'iniziativa di quattro giovani torinesi, che da circa un anno si sono dedicati a raccogliere le testimonianze, i ricordi, le emozioni e le storie degli anziani italiani. Precisamente vengono trattati e narrati i nati prima del 1940. Storie di vita spesso condizionata dalla Grande Storia: le guerre, le battaglie, le malattie, ma non solo; la quotidianità, non per questo meno dura e difficile: il duro lavoro nei campi, gli stenti per nutrirsi; ma anche le gioia: le feste di paese, i giochi per strada, la prima televisione, la vita in famiglia. Storie di vita e di vissuto, espresse per la prima volta sotto forma di immagini: brevi racconti di 5 minuti raccolti e divulgati in rete con modalità gratuita sul sito www.bancadellamemoria.it. Con Banca della Memoria l'obiettivo è che gli anziani possano arrivare ai giovani attraverso l'utilizzo del loro linguaggio più diretto e più facilmente usufruibile, internet, recuperando così il ruolo che solo in questo ultimo secolo avevano perso, quello di essere fonte e veicolo di esperienza, conoscenza e saggezza. Perché questo progetto vuole essere rivolto in particolare ai giovani, ovvero coloro che più di tutti devono diventare i destinatari della memoria e i custodi dell'esperienza. I filmati sono realizzati in gran parte dalla redazione, ma l'intenzione è quella di interagire direttamente con gli utenti. È possibile infatti inviare filmati e testimonianze raccolte in termini di flusso spontaneo attraverso il caricamento da parte degli utenti stessi (upload), oppure inviando una videocassetta o un DVD alla redazione stessa, che provvederà in seguito a montare e diffondere la testimonianza. Dal lancio del progetto, lo scorso 15 giugno, il sito, che oggi conserva e diffonde 350 filmati, riceve quotidianamente dalle 700 alle 1000 visite, in costante crescita. Un successo che alimenta la previsione di diffondere il progetto anche all'estero. Non per ultimo, Banca della Memoria vuole inoltre essere caratterizzata da una forte connotazione etica. L'utile di gestione del sito, derivante dal contributo di sponsor, sarà infatti interamente devoluto ad associazioni a sostegno della terza età.
Articolo di Franco Nicola, della redazione di “Banca della Memoria”.
Questo articolo è tratto dal n.8 della rivista Vitattiva, edita dalla Fap Acli.
Questa si che è veramente una bellissima iniziativa. Un plauso e tutta la mia ammirazione agli amministratori e creatori del sito http://www.bancadellamemoria.it/ per aver avuto e per portare avanti una simile iniziativa. E’ una iniziativa che sarebbe bello seguire e copiare nel nostro piccolo centro di San Michele, sarebbe veramente bello conservare le memorie dei nostri vecchi, siano essi espressi su video o anche su carta, è un vero peccato lasciare che vada perso, sprecato, un simile bagaglio culturale. Per fare un esempio stupido, e come se ci comprassimo un nuovo computer e con esso buttassimo via tutti i programmi e i file che erano in esso installati, non credo che nessuno farebbe una cosa del genere. Per cui perché perdere, buttare via la memoria, le esperienze (siano pure esse esperienze o ricordi sia positivi che negativi) dei nostri nonni?. Tali ricordi dovrebbero essere conservati addirittura in strutture come le biblioteche pubbliche (oltre che internet) e poter essere consultati da chiunque ne abbia voglia. Comunque, date un’occhiata al sito per farvene un’idea.
Ricordiamoci del detto:- Se il giovane sapesse e se il vecchio potesse.
I TRULLI
Altra costruzione tipica della zona e il " TRULLO ", molto diffuso nelle campagne, il trullo è una costruzione realizzata con pietre a secco poste l’una sull’altra a formare una specie di cono capovolto. Venivano intonacati ed imbiancati a calce all'interno, mentre nella parte esterna alcuni venivano lasciati in pietra viva ed altri imbiancati sempre con calce (sono quelli che hanno più fascino) ma non dovrebbero essere mai intonacati o cementati dalla parte esterna (cosa che sta avvenendo solo negli ultimi tempi), perdono la capacità di traspirazione e diventano umidi e freddi. Sull’isola di Creta, sono state scoperte alcune antiche costruzioni che assomigliano in modo particolare a dei trulli, sarà un caso?, comunque costruzioni a forma di trullo sono state rinvenute in tantissimi altri posti, in Turchia per esempio esiste un villaggio antichissimo, fatto di costruzioni (in maggioranza di fango) a forma di trullo. Particolarità molto importante del trullo è il fatto di essere molto fresco d’estate e caldo d’inverno (posso garantirlo di persona in quanto vi ho dormito diverse volte), (questa particolarità è dovuta al tipo di pietra usata, una pietra calcarea, la quale ha la capacità di assorbire l'umidità della notte per poi rilasciarla di giorno), forse era questo il motivo per cui il trullo era preferito alle costruzioni normali, anche se il trullo sia come manodopera che come materiale da costruzione era molto più costoso di una casa normale a parità di area costruita. Altra particolarità del trullo è che a colpo d’occhio senza neanche entrarvi dentro si può subito sapere di quanti vani e composto, infatti ogni cono è un vano, di solito quello centrale da cui vi si accede e quello più ampio. Forse il “trullo” costruzione diffuso nelle medesima zona delle “specchie”, venne copiato da queste, in effetti il trullo nelle fattezze e molto simile alle “specchie” (in effetti alcuni amici provenienti da fuori regione che non avevano mai visto ne i trulli ne le specchie, avevano scambiato una specchia per un trullo). Un dato e certo comunque centinaia di trulli sono stati costruiti proprio con delle pietre sottratte alle “specchie”. Altro particolare singolare, potrete trovare due persone uguali, due animali uguali, due auto uguali, due case uguali, ma non troverete mai due trulli perfettamente uguali.
Per maggiori informazioni, date un’ occhiata a questi indirizzi.
No questa non è la mia scrittura. Non o scritto io questa frase. Vorrei tanto sapere invece chi la fatto. E poi mio di chi, chi sei, presentati, fatti vedere, o quanto meno metti il nome. Siete curiosi anche voi ebbene ve la voglio raccontare, vengo ai fatti, l’altra sera, torno a casa, non trovo posto di fronte alla mia abitazione e vado a parcheggiare l’autovettura qualche isolato più in la, sulla pubblica via, la mattina dopo vado per riprendere l’auto e mi trovo sul cruscotto questo biglietto. Mo dico io, sto tipo/a che mette sti bigliettini, non si poteva fare avanti e dirmi chiaro e tondo che so, questo spazio per mettere l’autovettura e mio perchè me lo sono comprato oppure lo ereditato da mio nonno e farmi vedere l’atto notarile, allora gli avrei chiesto scusa e avrei spostato la mia auto. Ora a parte il ridicolo della faccenda, non sapevo che uno possa prendere possesso di una parte della pubblica via e dire qui devo parcheggiare solo io. Se sbaglio qualcuno mi corregga. Siamo all’eccesso, fermate il mondo voglio scendereeee.
E dal blog - http://autostima-personale.blogspot.com/2008/11/salviamo-i-nostri-blog-dal-decreto.html
Salviamo i nostri Blog dal decreto legge C.1269
Mi sento anche io di far presente quello che l'attuale governo vuole fare con chi gestisce un blog. Purtroppo ci vogliono tappare la bocca, ma noi dobbiamo impedire che ciò avvenga, solo essendo uniti possiamo dimostrare la nostra forza affinché questo decreto legge non venga approvato. Infatti dalla commissione Cultura della Camera arriva un nuovo disegno di legge (DdL C. 1269) che obbligherebbe molti blog ad iscriversi al registro dei comunicatori con la possibilità di essere perseguiti per i reati a mezzo stampa. Un anno fa ci provarono con il DDL Levi-Prodi che facemmo ritirare. Ora ci riprovano, nel silenzio assoluto dei media. Attenzione: il DDL Levi non coinvolge solo i blog, Luca Spinelli ritiene che il nuovo DDL Levi non riguardi solo i Blog ma molti altri tipi di siti di “informazione, formazione, divulgazione, intrattenimento” (art 3 del ddl) http://lucaspinelli.com/?p=225 Firma le petizioni online http://firmiamo.it/noallaleggeantiblog http://www.petitiononline.com/noDDL/petition.html
IMPORTANTE :-leggere attentamente prima di firmare.
FATE GIRARE QUESTO POST - FIRMIAMO TUTTI
Al tempo dei miei nonni, nella maggior parte della case del paese, non v’era ancora l’acquedotto, come da tradizione di tutti i paesi del meridione in quasi tutte le case vi era una cisterna (“cistern”) che raccoglieva l’acqua piovana che scendeva dal tetto.
Per continuare a leggere clicca qui> acqua e acquar.doc
Mio padre, mi raccontava, che quando lui aveva la mia età, anni 1959-1960, il nonno (come tanti altri contadini qui del paese), in una piccola parte dei suoi terreni, piantava il grano, quando questo era maturo (fine giugno - inizio luglio) veniva mietuto (tutto a
Per continuare a leggere, clicca qui >Ricordi di gioventù 1.doc
Vorrei tanto che qualcuno più addentrato di me ai misteri dei prezzi e dell’economia, mi desse delle spiegazioni o delle chiarificazioni a questi miei dubbi. Vorrei tanto una risposta concreta, vorrei tanto capire perché, perché tutti devono fregare proprio a me.
Per continuare a leggere, clicca qui>Mistero dei prezzi e dell'economia.doc
La persona che mi fornisce queste informazioni e mio padre, nato nel 1950, il luogo di incontro è il focolare domestico. Negli anni 50, in paese, non esisteva ancora un asilo pubblico, ed i genitori che volevano mandare i figli all’asilo, erano costretti a mandarli presso quelli
Per continuare a leggere, clicca qui>SCUOLA DEI TEMPI ANDATI.doc
Mio padre, mi racconta ancora, che quando lui aveva l’età di 11-12, anni 1961-1962, dopo l’uscita dalla scuola, con un gruppo d’altri ragazzini andava a giocare nei pressi e all’interno dell’attuale masseria “San Giacomo”, dove attualmente esiste l’omonimo ristorante. A quell’epoca era in completo stato
Per continuare a leggere, clicca qui>Ricordi di gioventù 2.doc
Luciana Littizzetto, chi non la conosce, una forza della natura, sia per simpatia che per bravura, nel pezzo sottostante, disserta sullo spreco energetico nella nostra società del consumismo estremo. Segue un commento a modo mio. Buona lettura.
Per continuare a leggere premi qui > risparmio energetico e riciclaggio.doc
Per sentito dire. IL LAVORO MI STANCA E MI AFFATICA PREFERISCO MOLTO DI PIU' LA F..A.
Detto popolare. LA FATICA SI CHIAMA COCUZZA E MAMMA MAMMA COME PUZZA.
Detto napoletano. CHI LAVORA MANGIA, CHI NON LAVORA MANGIA E BEVE (sarà… poi vero?). Il lavoro, che cosa dire del lavoro, certo che è proprio una brutta bestia. Diceva una volta uno che conoscevo "SE SAPESSI CHI E' STATO A INVENTARE IL LAVORO GLI STRAPPEREI I COJONIBUS ". Comunque, a parte gli scherzi, esistono persone
Continua a leggere questo post, clicca qui> il lavoro.doc
Detto popolare, dopo i 40 chi tiene panza tiene importanza.
Sapete quanto peso?, peso senza vestiti un quintale e qualche chilo, oscilla di qualche
Continua a leggere questo post clicca qui > la pancia.doc
LE PAROLACCE, si proprio così, sapete cosa sono le parolacce vero?, qualcuno potrà dire ma che senso possono avere delle parolacce? (ma tu senti un po’ questo tipo qui), certo che hanno un senso, come?, forse non lo sapevate che le parolacce sono uno sfogo sia per la mente, sia per l'anima che per tutto il nostro corpo, si, qualcosa, qualcosa di intimo di represso, che sale, sale dall'interno e che alla fine trova tutto il suo sfogo prorompente e liberatorio in una parolaccia. La parolaccia è qualcosa che da più gusto nel parlare, nello spiegarsi, nell’interloquire con chi ti ascolta. E come se mangiaste un piatto di pasta al sugo senza metterci sopra il formaggio come condimento, che gusto ci può essere, così come il formaggio è il condimento sulla pastasciutta, cosi le parolacce sono il condimento del parlare, come si dice quando ci vuole ci vuole, provare per credere, spesso è volentieri dire qualche parolaccia scarica la rabbia e la tensione nervosa repressa e molte volte, evita conseguenze molto più gravi, come quella di arrivare alle vie di fatto. Assistere ad una litigata verbale tra donne, specialmente nel napoletano, e meglio che andare a teatro. Per esempio, come potreste fare a spiegare che quel tale è una testa di cavolo, dicendo forse che è una testa di pene, sarebbe ridicolo no?. C’è tutto un mondo dietro ad una parolaccia, per esempio, nel vecchio quartiere di Trastevere in Roma, sino a qualche anno fa (non so se oggi come oggi esiste ancora), esisteva un ristorante denominato appunto “LA PAROLACCIA", in questo locale, le parolacce erano d'obbligo, usate dai camerieri (in modo forse anche leggermente esagerato e forzato) nel rivolgersi agli avventori e tra di loro alla presenza dei clienti, tra l'altro questi ultimi erano sempre molto numerosi (vi sono stato qualche volta a mangiare), veniva frequentato anche da parecchia gente del cosiddetto ceto sociale elevato, tra cui anche parecchi artisti ed attori, segno evidentemente chiaro questo che la gente ci si divertiva, anche se i prezzi erano per la verità abbastanza elevati (in compenso però si mangiava abbastanza bene). Pensate un po’, la stessa rete "Internet", ha addirittura delle pagine ed interi siti, dedicati appunto alle parolacce. I soliti ben pensanti a sentir parlare di parolacce diranno "si, tutto quello che vuoi, ma però che schifo, le parolacce sono pronunciate dalle persone incolte " (razzisti dico io), ma non è affatto vero, non fatevi ingannare dalle tante moine fatte da questi quattro perbenisti, vi sono tante (forse anche troppe, comunque sicuramente, forse più di quanti voi possiate mai immaginare) persone tutte linde e pulitine nel linguaggio, così composte e attente nel parlare, altre addirittura che vanno alla ricerca di parole sui dizionari per ostentare una (finta dico io) certa raffinatezza nel loro linguaggio, ma nei loro animi (nella maggior parte dei casi almeno, qualche mosca bianca comunque esiste sempre), sono tanto di quanto più sporco, lurido e putrido possa esistere sulla faccia della terra, la gente semplice, la gente della strada, i popolani, la gente più pura, usa le parolacce senza neanche pensarci su, si perché‚ dietro non c’è malizia, non c'è premeditazione, non c’è sporcizia (meglio parlare sporco ed avere l'animo pulito che non il parlare pulito e sotto sotto covare fuoco e fiamme, siete d'accordo con me oppure no?). Perciò vi dico una sacrosanta verità, diffidate di questa gente che usa paroloni, tutta attenta e corretta nel linguaggio ( per sicurezza mettevi con le spalle al muro, non si sa mai).
A proposito date un’occhiata a questo sito. http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre_17/parolacce.shtmlDi tradizioni e di racconti popolari e piena tutta l’Italia, ogni paese a le sue credenze, su fantasmi e apparizioni di diversa natura, vere o fasulle che siano, come tutte le cose uno è libero di crederci o meno.
A tal proposito, voglio raccontarvi un fatto che mi è successo qualche anno fa, storia vera vi assicuro, lo giuro sulla testa dei miei figli.
Erano circa le tre di notte, mi trovavo di fronte al mio computer, non ricordo cosa stavo facendo di preciso, ad un certo punto provai una strana sensazione, mi sentivo come osservato, alzai gli occhi e sull’altro lato della stanza vidi un gatto, di colore a chiazze bianco e nero, aveva il collo un po’ allungato, come lungo era tutto il resto del corpo, molto più di un gatto normale. Era seduto per terra e mi guardava fisso, stette cosi per un po’ di tempo a fissarmi, poi si alzo e piano, piano, se ne andò dalla stanza imboccando il corridoio, mi alzai di scatto e lo segui, accesi la luce nel corridoio, non vi era nulla, era sparito. Mentre tornavo verso il computer, mi vennero i brividi sulla schiena, i peli delle braccia mi si erano alzati, la pelle mi si era fatta come la classica pelle di pollo, (giuro che solo a scriverlo e se ci penso, mi vengono ancora i brividi). Che cosa era quella visione?, che cosa avevo visto?, anche ammesso che fosse stata una allucinazione per quale motivo l’avevo avuta?, cosa l’aveva provocata?. Non dissi nulla ne a mia moglie ne ai figli per non impressionarli. Alcuni giorni dopo mia moglie mi disse che la sera prima entrando in un corridoio secondario (collegato alla stanza del computer), usato come sgabuzzino, aveva visto un vecchio il quale aveva pronunciato alcune parole, appena accese la luce questo spari. Tempo dopo seppi che tre anni prima in quella stessa ora e giorno in quella stanza e nello stesso posto in cui io mi trovavo vicino al computer, era morto (di morte naturale) nel suo letto, il padre della mia padrona di casa. Mia moglie non aveva mai visto quella persona, io l’avevo visto qualche volta ma più di 40 anni fa. Con una scusa, contattammo uno dei fratelli della padrona di casa, il quale ci nostro una foto del padre in cui mia moglie riconobbe il vecchio che aveva visto nello sgabuzzino. E pensare che io a queste cose non ci avevo mai creduto. Avevo sentito diversi racconti da bambino, come il fatto che venivano trovati cavalli con la criniera intrecciata; gente che la notte mentre era a letto, si ritrovava un animale sul petto o sulla pancia ed altre storie. Ma non ci avevo mai creduto, l’avevo sempre presa a ridere. Mi dicevo, sono fantasie popolari.
Voi che ne dite?, commentate questo post, se avete vissuto storie analoghe scrivetele, le leggero volentieri.Fermate il mondo voglio scendere
Gesù disse scagli la prima pietra chi è senza peccato, nessuno si mosse. Perché?
Non sopporto più tutti questi falsi buonisti che dalla carta stampata, dalla radio o televisione, parlano e predicano contro il razzismo, e la cosa che non sopporto di più è la gente che si lascia convincere di questo, facile parlare e dire quello è un razzista vorrei vedere, chi non lo è oggi come oggi, scagli la prima pietra chi non a mai detto
Per continuare a leggere il post, clicca qui > siamo tutti razzisti.doc
Leggi anche questo post - http://carolemico.myblog.it/archive/2009/07/22/razzismo.html
Continua a leggere questo articolo su>http://www.focus.it/Scienza/ambiente/news/L_uomo_che_non_butta_via_niente_280923_1531.aspx
La campagna sammichelana, e cosparsa da migliaia di piante di fichidindia, non esiste podere che non vi abbia le sue, è un classico vedere un trullo con il suo codazzo di queste belle piante dal colore verde, con i suoi fiori gialli ed i frutti che vanno dal bianco al giallo-arancio al rosso intenso (a seconda della qualità). E’ un frutto così genuino, che merita di essere più conosciuto, apprezzato e consumato per le potenzialità che fornisce all’organismo umano.
Leggi il resto, clicca qui > ficodindia.doc
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Fate sentire la vostra voce nei commenti di questo post.
Ciao. Grazie.
Prima cliccate questo link > http://it.youtube.com/watch?v=VRRG_MpCYhU
Ma vaff....lo le multinazionali e costruiamoci la nostra bottiglia d'acqua!
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IL SAPONE DI CEGLIE
Un detersivo molto antico il sapone di Ceglie. I nostri nonni, per lavare la biancheria, usavano il classico sapone di Ceglie, si trattava di un sapone artigianale, cremoso, simile a della marmellata e dal classico colore giallo paglierino. L’arte di preparare il sapone e commercializzalo, era un’arte molto antica e diffusa, specialmente nel vicino comune di Ceglie Messapica, ove vi erano parecchie famiglie che si dedicavano come mestiere alla produzione di tale prodotto. Parecchie persone se lo facevano in casa, pero non tutte le donne all’epoca erano capaci (o non avevano il tempo) di confezionare il sapone per cui spesso veniva comprato dai venditori ambulanti che in maggioranza provenivano appunto da Ceglie. Questi stessi venditori, raccoglievano la cenere dei camini che barattavano con un pò di sapone. Il sapone si otteneva usando come ingrediente di base la cenere prodotta dalla combustione della legna (la migliore era quella proveniente dalla combustione di legno di ulivo), La cenere ben setacciata per eliminare eventuali impurità o parti incombuste, veniva mescolata con calce viva in polvere, successivamente il composto veniva versato in un grande vaso in terracotta (in dialetto si chiamava “limm”) munito di un foro sul fondo, dopo di che veniva battuto per farlo compattare, il vaso veniva posto sopra un altro recipiente, dopo di che aggiungeva acqua fredda fino a riempirne il vaso sino all’orlo, l’acqua col tempo (minimo 12 ore) pencolava attraverso il miscuglio di calce e cenere e dal foro sul fondo del vaso passava nel recipiente sottostante, al liquido fuoriuscito, veniva aggiunto dell’olio di oliva (di frantoio) e mescolato, dopo di che era messo a bollire a fuoco lento per ore (doveva essere girato in continuazione, sia per far amalgamare l’olio sia per evitare che attaccasse sul fondo del recipiente e bruciasse). Quando il composto raggiungeva la densità del miele, veniva versato in uno (o più) stampo e fatto raffreddare. Era un sapone molto buono e non inquinante anche se aveva un odore molto forte, dicono facesse bene alla pelle ed era adatto alle persone che soffrivano di allergia agli altri tipi di saponi.
PAGHJIER Altra costruzione tipica della zona di San Michele Salentino (Brindisi), (più in passato, sino a 30 o 40 anni fa se ne trovavano a centinaia ) che va ormai scomparendo sono i “PAGHJIER“, costruzione sicuramente di origine messapica (in questa zona e nei paesi limitrofi, anticamente viveva il popolo dei MESSAPI, popolo si dice proveniente dall’isola di CRETA, i quali avevano colonizzato quasi tutta la Puglia, assumendo nomi diversi secondo l’area in cui si erano stabiliti, non si sa di preciso il significato della parola messapici, forse popolo che abita tra i due mari o popolo che abita nella penisola). Si tratta di una costruzione ibrida, pietre, legname e paglia. Veniva prima costruito un muro con pietre (pietra del luogo, pietra calcarea, la quale appena tagliata a la caratteristica di essere bianchissima e molto tenera, col tempo sottoposta agli agenti atmosferici tende ad indurirsi e si ricopre di microscopici muschi e licheni che le danno la caratteristica colorazione grigia, ma il maggior pregio di questa pietra sta nel fatto che di giorno assorbe il calore mentre la notte lo rilascia assorbendo nel contempo umidità dall’aria, da questa stessa pietra dopo lunga cottura si ricava la calce viva), a secco di forma ovaloide un po’ allungata (in alcuni rari casi anche rettangolari), per un’altezza di circa un metro e mezzo o poco più, largo alle volte anche più di un metro, su uno dei lati più corti veniva lasciata un’apertura che fungeva da porta di accesso, (nella maggior parte dei casi rivolta verso sud), in rari casi veniva fatto anche un architrave in pietra, non esistevano finestre, (se ne ricavavano dei locali larghi dai 3 ai 5 metri per una lunghezza tra i 4 e i 6 metri). Sulla sommità del muro venivano piazzati dei pali di altezza variabile dai 3 ai dieci metri, le punte andavano a congiungersi in alto e incrociati con altri pali messi in orizzontale, a formare una sorta di triangolo, i pali venivano legati e fermati (sulla cima) tra loro con un abile lavoro di incastro o con delle corde, lo spazio laterale rimanente tra un palo e l’altro veniva riempito con rami o canne intrecciate, sopra questa intelaiatura venivano posizionate delle stoppie (in dialetto “ristucc”, sarebbe la parte che rimaneva attaccata al terreno dopo aver mietuto il grano, si estirpava a mano e si sbatteva per far cadere la terra) fino a coprire tutta l’intelaiatura, dalla sommità del muro sino alla cima, era un lavoro fatto bene (occorrevano diverse persone e diversi giorni di lavoro) in quanto riusciva riparare molto bene sia dalla pioggia che dalla calura estiva ed in buona parte anche dal freddo invernale. Di solito venivano costruiti sul fianco dei trulli e servivano in maggioranza per il ricovero di animali, conservare paglia o fieno, tenere al riparo gli attrezzi agricoli e carri. Vi sono stati anche casi (specialmente durante l’ultimo conflitto mondiale quando la gente si allontanava dagli agglomerati urbani per la paura di eventuali bombardamenti) in cui persone meno ambienti vi hanno vissuto dentro in particolar modo nel periodo estivo, in tal caso all’interno del paghjier si poteva trovare un focolare in pietra che serviva nei periodi invernali sia per cucinare il cibo che per riscaldarsi, mentre invece nei periodi caldi si preferiva usare un focolare all’aperto (sia per evitare il caldo che ristagnava nell’ambiente che per evitare i facili rischi di incendio.
Sono ormai quasi completamente scomparsi (dovuto anche allo spopolamento delle campagne), in quanto al massimo ogni due o tre anni bisognava ricambiare tutta la copertura in paglia (tendeva facilmente ad imputridire e durante la pioggia veniva dilavata creando delle aperture in cui l’acqua si infiltrava facilmente), mentre l’intelaiatura in legno poteva reggere al massimo 10 o 15 anni dopo di che andava tutta rifatta.
Perciò se vi capita di vedere specialmente vicino ai trulli (o anche isolato) un muro tondo, ovalizzante o rettangolare in pietra a secco, alto meno di un paio di metri, sicuramente quello doveva essere un paghjier.
Altro tipo di costruzione tipico delle campagne pugliesi ed in particolare delle "Murge" sono le "masserie". La maggior parte di queste purtroppo in complete stato di abbandono se non addirittura diroccate (un vero peccato). Si suole pensare che si tratti di una continuazione delle famose fattorie romane sparse nel meridione. La loro origine comunque si perde nella notte dei tempi, quelle attualmente visibili risalgono a partire dall'anno 1000 fino a tutto il 1800, parecchie di queste ricostruite e riattate su siti molto più antichi (spesso riutilizzando lo stesso materiale), vicino a delle masserie, sono infatti stati rinvenuti molti reperti preistorici, necropoli e altro materiale molto antico. Parecchi paesi e città della Puglia, sono nati proprio per l'addensamento della popolazione attorno al nucleo originario di una masseria. Le maggior parte delle antiche masserie specialmente quelle più isolate, erano come un mondo a se, quasi completamente autonome sia dal punto di vista alimentare che di tutto il resto, oltre all' allevamento degli animali (vi si poteva trovare qualsiasi tipo di animale come ovini, caprini, bovini, suini, equini, animali da pollaio ecc.), si provvedeva alla lavorazione del latte, alla trasformazione dell'uva in vino, delle olive in olio (ogni masseria aveva il suo frantoio), il grano veniva macinato sul posto (almeno quello che serviva alla comunità locale), qualsiasi riparazione di carpenteria o altro veniva effettuata in loco, esisteva un'officina del fabro in cui venivano ferrati anche i cavalli, si lavorava e tesseva (a mano o con telai di legno) il lino, il cotone (coltivati sul posto) e la lana ricavata dai propri animali, il pane e la pasta si facevano sul posto, vi si macellavano gli animali. Ogni persona che lavorava nella masseria in pratica era in grado fare diversi mestieri. Le masserie inoltre erano dei veri e propri fortini, erano circondate da un muro molto alto, si accedeva all'interno della masseria da un pesante portone che la notte veniva chiuso per impedirne l'accesso a chiunque. Parecchie masserie nei posti più elevati avevano delle vere e proprie feritoie da cui ci si poteva facilmente difendere da eventuali attacchi di qualsiasi genere. Alcune di queste come la masseria S. Giacomo (esiste ancora), al centro avevano addirittura una vera e propria torre. L'abitazione del proprietario che si recava di solito per brevi periodi dell'anno era mella parte più elevata e riparata, l'abitazione del massaro (il fiduciario del padrone) e le abitazione di tutte le altre famiglie che lavoravano sul posto erano invece nella parte più bassa. Ogni masseria aveva una sua chiesa in cui di solito la domenica veniva detta la messa, a cui durante le funzioni affluiva gente da tutti i terreni limitrofi. La masseria era un punto di riferimento, per tutta la gente che abitava nel circondario. Il lavoro era duro e durava dall'alba sino al tramonto, intervallato solo dalle pause per consumare i pasti. Alcune masserie, addirittura avevano un proprio cimitero in cui venivano tumulati i defunti. Ultimamente, molte di queste masserie sono state restaurate, ma purtroppo solo per farne dei ristoranti o agriturismo.